SUL NUOVO GOVERNO

Ott 07, 2019 No Comments by

La nascita del secondo governo Conte ci impone una prima analisi. Abbiamo atteso qualche giorno e lasciato sfogare gli animi democraticamente rassicurati, i complottisti, i contrari e gli attendisti. Abbiamo dato spazio ancora una volta a chi ci ha voluto spiegare che il PD non è rosso e che ancora una volta trionferà il liberismo, chi ha voluto rivelarci che senza questo accordo Salvini avrebbe marciato su Roma e chi ha scoperto sconvolto che nel programma di governo non c’è alcun accenno al socialismo.
Ora tentiamo umilmente di dire la nostra.
In primo luogo la serie continua di “manovre” di palazzo che si sono susseguite prontamente al fine di dimostrare, quasi con sollievo, l’ingovernabilitá parlamentare del nostro paese ci sottolinea che la democrazia, nata dalla Resistenza, è in pericolo. Il più grande pericolo è rappresentato dallo scarso interesse verso le rappresentanze camerali. Il Parlamento democratico nasce al fine di ospitare rappresentanti del Popolo in ogni sua istanza.
L’assenza quasi totale di impiegati, operai, braccianti, comunità straniere, sindacalisti, precari, sportivi, scienziati, rappresentanti delle forze armate, artisti, indica che il nostro parlamento è appannaggio di politici di professione (politicanti) che attraverso la loro esclusiva presenza costruiscono sempre più grandi distanze tra il popolo ed il suo governo, producendo così non soltanto un disinteresse del cittadino, ma anche una incapacità a comprendere le sue problematiche ed i suoi bisogni, riducendone così una parte all’abbandono ed un’altra alla partecipazione unicamente sul web.
La composizione del governo bicolore che rassicura i mercati è la conferma di quanto chiede l’Europa, un governo moderato in salsa moderna, che superi la socialdemocrazia tradizionale per ricrearla ammantandola con una veste filo ambientalista.
Se da un lato il cambio Pd-Lega pone di fronte alle lotte sociali un nemico ideologicamente meno ostico, dall’altro conferma l’esclusione di ogni forma di rapporto con qualsivoglia rappresentanza sociale mantenendo inalterati gli equilibri nei confronti dei potenti.
Certo, lo scampato pericolo di una deriva leghista di fronte al solito rassicurante governicchio di democristiana memoria, rassicura gli animi socialmente solidali, ma non apporta mutamenti sostanziali nell’orizzonte di lavoratori e sfruttati di ogni genere.
I 26 punti nati dalla convergenza demostellata ci parlano tra le altre cose di riduzione delle tasse sui salari, reddito minimo non solo per i lavoratori salariati, del rilancio dell’occupazione e di un impianto produttivo sempre più attento alla conservazione del pianeta, della volontà di rendere il paese moderno ed appetibile per i nostri famosi cervelli in fuga.
Mancano, come rilevano i compagni più sensibili alla questione, riferimenti all’abolizione dei decreti sicurezza e alla revisione degli accordi con la Libia sul tema dei migranti.
Tutto sommato a parte questo un programma in larga parte condivisibile, ci basterebbe venissero realizzati meno della metà di quei punti per sentirci leggermente più sereni, staremo a vedere.
Non ci aspettavamo niente di clamorosamente diverso come non ce lo saremmo aspettato in caso di nuove elezioni.
Importante sarà riuscire a non lasciare le piazze alle destre in questi mesi e anzi rilanciare con più forza le lotte e le rivendicazioni di un popolo che ha bisogno di rappresentanza reale, forte e radicata.

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